La zona occupata oggi dalla provincia di Modena venne già abitata in epoca preistorica da numerose popolazioni, di cui restano tracce nei ritrovamenti archeologici (la Venere di Savignano, per esempio) e, verso le colline, dalle testimonianze della cosiddetta civiltà terramaricola (fine dell’età del bronzo, II-I millennio a.C.), la cui principale caratteristica era quella di vivere in palafitte sopraelevate (a Montale un bel museo ricostruisce la vita di queste comunità).
In epoche più recenti, stando ai racconti di alcuni storici romani e ai reperti, la zona fu occupata da insediamenti di Liguri, Etruschi e Celti, almeno fino al III secolo a.C.
È proprio dall’inizio del II secolo a.C. che cominciano ad aversi notizie sicure sulla città, coincidenti con l’espansione di Roma. Nel 187 a.C., infatti, venne creata la grande arteria della via Emilia. Quattro anni dopo, nel 183 a.C., fu fondata la colonia di Mutina, un grande insediamento con le caratteristiche delle città romane di allora: una struttura quadrata attraversata dal cardo e dal decumano. Rispetto all’attuale centro storico, però, il nucleo urbano era più spostato verso levante. Di sicuro, doveva trattarsi di una città molto fiorente, se è vero che Cicerone la descrisse come splendidissima et floridissima. Con ogni probabilità era presente anche un anfiteatro, presso l’attuale via Canalino.
Nel 78 a.C. Modena fu presa d’assedio da Pompeo, nel contesto delle lotte intestine che si combattevano allora tra romani. Non solo: pochi anni dopo, nel 72 a.C., Spartaco vinse nelle vicinanze della città una battaglia contro Cassio Longino. Ma la più importante vicenda che coinvolse Modena nel periodo romano fu senza dubbio la Battaglia di Modena, fondamentale nello sviluppo delle vicende che seguirono il secondo triumvirato. Dopo l’assassinio di Giulio Cesare, infatti, Decimo Bruto decise di ritirarsi dentro le mura della città e di provare a resistere all’attacco di Marco Antonio e di Ottaviano. Siamo nel 43 a.C.: per Decimo Bruto non ci fu niente da fare contro le truppe inviate da Roma.
Venendo agli anni dopo la nascita di Cristo, occorre ricordare come si trattò di un periodo tutt’altro che fiorente per Modena, come del resto per molte altre città italiane a seguito della crisi dell’Impero romano. Non a caso, verso la fine del IV secolo, Ambrogio, vescovo e Patrono di Milano, passando per l’Emilia, non poté non notare il degrado in cui versava la città, un tempo, come detto, assai prospera.
Ma la fine del IV secolo è anche il periodo in cui Vescovo della città fu Geminiano, oggi suo Santo Patrono, figura in parte ancora oscura (dai rilievi del Duomo pare si fosse recato in oriente per esorcizzare la figlia dell’Imperatore di Costantinopoli; si dice abbia protetto la città facendo calare una pesante coltre di nebbia, in occasione delle scorribande dei barbari) di cui è però sicura la morte il 31 gennaio 397, oggi giorno della festa cittadina. Attorno alla sua persona si possono ricostruire molte vicende successive: la sua tomba fu infatti eretta a ovest del centro della città, nel luogo in cui adesso si trova la cripta del meraviglioso Duomo romanico.
Conquista bizantina, sotto Giustiniano, a parte, furono, quelli tra il V e il IX, secoli bui per Modena, devastata da inondazioni e carestie: buona parte della popolazione si trasferì infatti nel sobborgo di Cittanova, lasciando così il vecchio centro di origine romana. Solo verso l’VIII secolo si registrano notizie positive: concessioni imperiali a favore di qualche chiesa, la fondazione dell’abbazia di Nonantola, il diploma di Ludovico il Pio per la chiesa di Modena.
Ma la vera rinascita si ebbe sul finire del IX secolo, quando il vescovo Leodoino, dietro permesso dell’Imperatore, fece erigere una cinta muraria – invero alquanto limitata – attorno alla zona dell’odierna cattedrale.
Il simbolo della vitalità della comunità modenese fu però la decisione di procedere, con grandi sforzi economici e logistici, alla costruzione della nuova Cattedrale. Curiosamente, l’inizio dei lavori, il 9 giugno 1099, avvenne in un momento di sede vescovile vacante (lo sarà fino all’anno dopo, con Dodone), segno del desiderio non già autoritativo, ma popolare, riguardo alla costruzione. Ecco così che l’8 ottobre 1106 si poté procedere alla consacrazione del Duomo, alla presenza di Matilde di Canossa (la potente feudataria delle zone tosco-emiliane) e del Papa Pasquale II.
Proprio in quegli anni di svolta all’inizio dell’XII secolo si possono datare le prime notizie sulla nascita del libero comune (1126).
Le vicende che si susseguirono da lì in poi sono piuttosto complicate, segno della instabilità politica del periodo (in tutt’Europa) e delle lotte civili entro le mura stesse della città. A metà del XII secolo Modena ospitò per ben due volte l’Imperatore Federico Barbarossa, mentre, a seguito dell’ingresso nella Lega Lombarda, è da ricordare il congresso della Lega stessa tenutosi nel 1173 in Duomo. In quel torno di anni (1175), sull’esempio della vicina Bologna, venne fondato uno studio universitario, che è dunque il quinto più antico del mondo. Nel 1188 si ampliarono considerevolmente le mura, del cui tracciato ancora la planimetria della città risente. Subito dopo la morte di San Francesco venne fondata in città una delle prime chiese dedicate al suo culto fuori da Assisi (inizio del XIII secolo).
Di quest’epoca sono anche i primi statuti delle arti cittadine in cui veniva ripartita la comunità di allora, nonché le feroci e infinite lotte tra guelfi e ghibellini (questi ultimi in linea di massima prevalsero). Ecco perché, nel 1289 si sentì il bisogno di un moderatore estraneo alle fazioni modenesi, che fu individuato nel marchese di Ferrara Obizzo d’Este. Da allora e sino al 1859, salvo alcune brevi interruzioni, la città fu legata alla signoria degli Este.
I primi anni furono invero turbolenti: nel 1306 essi vennero cacciati per costituire un’effimera repubblica popolare, che terminò ben presto con la dazione della città all’imperatore tedesco (il quale nominò suo vicario Francesco Pico della Mirandola) e, subito dopo, al signore di Mantova Passerino Bonacolsi (1312). Passerino fu un deposta sanguinario, che represse con la forza ogni dissenso interno, per quanto debbano segnalarsi alcune opere civili molto importanti, come la costruzione di una nuova cerchia di mura. Nel 1325 i Modenesi sconfissero i bolognesi nella battaglia di Zappolino, il cui simbolo è la Secchia che questi ultimi rapirono e che i geminiani recuperarono eroicamente. Nel 1327 Passerino fu per sempre cacciato: a quell’anno risale il primo statuto cittadino. Finalmente, dal 1336, la signoria degli Este venne riaffermata in modo tendenzialmente definitivo.
Ecco allora la nascita di quella “diarchia imperfetta” che vedeva da un lato il rappresentante del marchese (dal 1452 Duca) di Ferrara nel castello che sorgeva dove oggi è il Palazzo Ducale°°, dall’altro le autorità cittadine comunali, riunite in quello che oggi è il Palazzo Comunale.
Nel 1510 Papa Giulio II conquistò la città strappandola agli Este: Modena rimase così città del Regno della Chiesa sino al Sacco di Roma del 1527 (passò di qui l’Imperatore Carlo V). Figura di spicco del periodo fu il governatore papale Francesco Guicciardini, il quale invero gestiva la città per gli esclusivi interessi dei papi Medici che, fiorentini come lui, sedevano sulla Cattedra di Pietro. Indicativamente negli anni trenta del XVI secolo, però, la città ritornò progressivamente sotto il controllo di Ferrara. Proprio in questo periodo, il Duca Ercole II decise un poderoso incremento della città in direzione nord, la cosiddetta addizione erculea o terranova, il cui diverso disegno urbanistico è ancora visibile dalle mappe.
Quello del Rinascimento fu anche per Modena un periodo di grande vivacità culturale: la città visse uno dei momenti di massimo splendore, popolata da intellettuali e artisti di fama come Carlo Sigonio, Guido Mazzoni, Antonio Begarelli, Orazio Vecchi, i vescovi cardinal Giovanni Morone (attivo nel Concilio di Trento) ed Egidio Foscherari. L’inquisizione lavorava a pieno ritmo, e furono apportate, specie agli edifici religiosi, modifiche nel senso indicato dalla Controriforma cattolica.
Il destino della città doveva però mutare incredibilmente direzione nel 1598. Il duca di Ferrara Alfonso II, infatti, era senza figli: alla sua morte il papa riuscì ad accampare delle rivendicazioni sulla capitale estense e a strapparla al ducato. Fu così che, nella notte tra 29 e 30 gennaio 1598, il nuovo Duca, Cesare I, e tutta la corte, una delle più illustri del Rinascimento italiano, si dovettero trasferire a Modena, che diventò così la capitale dello Stato.
Quello di Cesare I – sposato con Virginia de’ Medici, figlia di Cosimo I – fu un ducato lungo (1598-1628), ma quasi ‘provvisorio’, di assestamento della corte nella nuova capitale. Già nel 1599, tuttavia, grazie a una cannonata sparata dritta nell’attuale via Farini° dal castello ducale, si eliminò Marco Pio, il signore di Sassuolo che rischiava di minare i possedimenti estensi nelle colline. Nei primi anni del Seicento, si condusse vittoriosamente la guerra di Garfagnana contro Lucca.
Il successore di Cesare fu Alfonso III, marito di Isabella di Savoia, il quale però resse le sorti del ducato solo per un anno, fino cioè al 1629, perché poi decise di farsi frate e di ritirarsi a favore del figlio.
Francesco I fu molto probabilmente il più grande Duca che ebbe Modena. Regnò dal 1629 al 1658, sposò prima Maria Farnese e Vittoria Farnese, poi Lucrezia Barberini, dalle quali ebbe innumerevoli figli. Lo si ricorda per diversi motivi: oltre alle numerose guerre che condusse, cercando di destreggiarsi tra i meandri della politica europea, a metà tra Francia e Spagna (che gli donerà il Toson d’Oro), e che allargarono il ducato, per la costruzione del meraviglioso Palazzo Ducale°° (grande quanto la sua megalomania), della delizia di Sassuolo, della cittadella fortificata a nord ovest della città e la costituzione del ghetto ebraico. Mecenate delle arti e delle scienze, le opere di maggior pregio della Galleria Estense°°, da lui ampliata, sono proprio quelle che lo ritraggono: il dipinto di Velasquez e il busto di Gian Lorenzo Bernini. Con lui Modena divenne una città degna delle capitali europee: palazzi, nuove strade e sontuose chiese ne sono tutt’oggi testimonianza. Durante il suo regno, sulla città si abbatté la terribile peste del 1630, a seguito della quale venne eretta la chiesa del Voto°.
Suo figlio Alfonso IV regnerà solo per quattro anni, fino al 1662. Di lui si ricorda però la moglie, Laura Martinozzi, nipote del cardinale Mazzarino, in quegli anni signore in Francia. Ella, infatti, alla morte del marito, divenne reggente della città, carica che ricoprì in modo eccellente fino ai quattordici anni del figlio Francesco II, Duca effettivo dal 1674 al 1694. Sua sorella Maria di Modena è degna di nota: grazie ai disegni diplomatici di cui la corte estense era allora capace, venne data in sposa a nientemeno che Giacomo Stuart Duca di York, diventando così Regina d’Inghilterra. Sennonché ella, cattolicissima in un Paese di protestanti, optando per il battesimo romano del figlio, fece sorgere la rivolta che porterà alla cacciata del marito dal trono (la celeberrima ‘Glorious Revolution’ che spianerà la strada agli Orange – con tutto quello che ne conseguì per la storia mondiale, dal Bill of Rights in giù).
Il governo di Francesco II fu segnato dall’influenza del cugino Cesare Ignazio, ed è ricordato soprattutto per la vivace vita culturale cittadina (culminata nell’istituzione del Collegio di San Carlo°° e dell’Accademia dei Dissonanti, oggi Accademia di Scienze, Lettere ed Arti, presso Palazzo d’Aragona°). Morto Francesco II senza eredi, il trono passò a suo zio Rinaldo I, già cardinale fino all’inizio del suo ducato, nel 1694.
Il regno di Rinaldo I durò sino al 1737 e fu turbato dalle varie guerre di successione allora in corso in Europa, che lo costrinsero ad abbandonare Modena per ben due volte. Sua moglie era Carlotta Felicita di Brunswick-Lüneburg (figlia di Benedetta di Hannover, da cui il nome del largo che si apre lungo corso Adriano).
Il figlio di Rinaldo I è Francesco III, Duca dal 1737 al 1780, marito di Carlotta Aglae di Orlèans e, morganaticamente, di due vedove. Ancorché non risiedesse stabilmente a Modena, dati i suoi impegni ufficiali in Lombardia, gli anni del secondo Settecento furono per la città un’epoca di grande rinnovamento, edilizio (Piazza San’Agostino°°, il Palazzo dell’Università°) e culturale (in particolare grazie alla figura di Ludovico Antonio Muratori, ma pure di Bernardino Ramazzini, fondatore della medicina del lavoro). Fu anche redatto il Codice Estense di leggi nel 1771. Nacque in quest’epoca una prima Accademia militare°° da cui poi Napoleone prese spunto per fondare la sua, ancora in attività. Fu un periodo di prosperità economica: i prodotti modenesi, tessuti soprattutto, venivano venduti in tutt’Europa. Grande mossa politica di Francesco III fu il matrimonio del figlio con Maria Teresa Cybo Malaspina, nozze che fecero acquistare al ducato le zone di Massa e Carrara e, con esse, lo sbocco sul mar Tirreno.
Successore di Francesco III fu Ercole III (duca dal 1780 al 1797), ricordato soprattutto per il carattere estroverso (gli piaceva partecipare al carnevale cittadino, che, dopo quello di Venezia, era il maggiore in Italia) e la storia d’amore, culminata col matrimonio morganatico, con la popolana Chiara Marini (il cui palazzo è in Corso Canal Grande°°).
Modena, grazie alla corte degli Este, era riuscita a diventare veramente una capitale europea, che poteva vantare svariate parentele sparse per tutte le corti più importanti e che veniva presa in considerazione, come centro del ducato (forse il più grande degli stati italiani minori in cui si divideva all’epoca l’Italia, comprendendo buona parte dell’Emilia) per ogni guerra o manovra politica.
Anche per questo, quando, dopo la Rivoluzione francese, Napoleone si spinse nelle sue campagne in Italia, il comandante ebbe come quartier generale Modena in più di una occasione (vi tornerà infatti numerose volte). Fu così che nel 1796 Ercole III dovette abbandonare Modena lasciandola al Primo Console francese. Furono anni di grandi rivolgimenti: alberi della libertà, repressione di ordini religiosi, prestiti forzosi richiesti dai dominatori. Fu a Modena che si tenne il congresso della Repubblica Cispadana, federando le province di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio; seguirono la proclamazione della costituzione e le elezioni. Qui venne per la prima volta sventolato, come simbolo del nuovo stato, il tricolore italiano bianco rosso e verde. Modena entrò in seguito a far parte della Repubblica Cisalpina, come capoluogo del Dipartimento del Panaro. Proprio allora venne fondata l’Accademia Militare°° simile a quella che conosciamo oggi. Caduta la Cisalpina nel 1799, la città fu invasa dagli Austriaci, poi riconquistata dai francesi. Anzi, Napoleone stesso ritornerà a Modena con Giuseppina, come Imperatori, nel 1805.
Finita l’epopea napoleonica, nel 1814 Francesco IV d’Austria-Este, figlio di una figlia di Ercole III, poté rientrare solennemente in città, dominando il periodo della Restaurazione successiva al Congresso di Vienna, che lo riconobbe come legittimo titolare del trono. Sua moglie era Beatrice Vittoria di Savoia, primogenita di Vittorio Emanuele I.
Furono anni tutto sommato positivi per la città: certo, il conservatorismo (talvolta persino reazionario) del Duca soffocò la vita culturale; purtuttavia, vennero realizzati molti progetti edilizi (il Palazzo del Foro Boario°°, il Teatro Comunale°°, la strada Vandelli) che abbellirono la città e che ancora oggi ne segnano i tratti. L’unica pecca del suo regno fu semmai quella di non aver capito che non era più tempo per un governo paternalistico illuminato come quello dei suoi predecessori.
Celeberrime sono infatti le vicende del risorgimento modenese. Il 3 febbraio 1831, in particolare, il patriota Ciro Menotti venne catturato nella sua casa di Corso Canal Grande°° a seguito dell’insurrezione ordita con altri compagni (come Enrico Misley) contro il regno del Duca. Sarà giustiziato il 26 maggio, dopo che Francesco IV, dopo un breve periodo di esilio e di dittatura, avrà ripreso possesso della città.
A Francesco IV successe il figlio Francesco V, Duca dal 1846 al 1859, marito di Aldegonda Augusta Wittelsbach di Baviera. Già due anni dopo l’inizio del ducato, tuttavia, dovette allontanarsi per alcuni mesi da Modena a causa dei moti rivoluzionari che investirono l’Italia, nel contesto della Prima guerra d’Indipendenza (governo provvisorio di Giuseppe Malmusi), e che portarono all’annessione del ducato al Regno d’Italia di Carlo Alberto (il quale era già rifugiato a Modena durante i moti degli anni prima, quando fu cacciato da Torino). Fatto sta che dal 1848 al 1859, Francesco V poté governare sulla città, affrontando il terribile colera del 1855, promulgando un nuovo codice di leggi e ricevendo peraltro, nel 1857, Papa Pio IX (che aveva reso Modena sede di un arcivescovo metropolita in quanto capitale di una provincia ecclesiastica che si estende tuttora da Bologna a Milano, ovviamente escluse).
Fu però con la Seconda guerra d’Indipendenza, nel 1859, che Francesco V e gli Este dovettero per sempre abbandonare la città.
Essi vennero inizialmente sostituiti dal dittatore d’Emilia Luigi Carlo Farini, con una decisione, quella dell’adesione al Regno d’Italia, confermata a maggioranza da un plebiscito.
Fu così che l’ex capitale del glorioso Ducato Estense venne declassata a città di media grandezza del nuovo stato italiano. Incominciò un periodo dunque meno interessante per la vita della città – che pure conserva le vestigia della capitale che fu. Nel 1862 venne fondato a Modena il primo Archivio di Stato°° dell’Italia unita; nel 1867 fu in visita Re Vittorio Emanuele II, soffermatosi in particolare presso l’Accademia Militare°°, significativamente confermata a Modena; nel 1878 vennero invece Umberto I e sua moglie Margherita. Sul finire del secolo si abbatterono le bellissime mura che ancora circondavano la città, aprendo così la circonvallazione dei viali°.
Durante la prima guerra mondiale morirono ben 7000 modenesi: oggi sono ricordati dal Tempio monumentale che ne conserva i nomi nella cripta.
Nel 1929 Enzo Ferrari fondò la famosissima omonima scuderia, ancora legata all’Alfa Romeo. Durante il periodo fascista si costruirono diverse nuove opere pubbliche, ma con le leggi razziali del 1938 molti ebrei furono costretti alla fuga o alla morte (come il suicidio dell’editore Angelo Fortunato Formiggini, gettatosi dalla finestra della Ghirlandina). La seconda guerra mondiale portò grandi devastazioni e bombardamenti (soprattutto nel 1944: fortunatamente, però, i danni furono riparati senza grandi mutamenti dell’assetto urbano del centro storico, che è tuttora assolutamente integro negli assetti medievali e rinascimentali). Il comando delle forze tedesche era stato posto nel torrione sinistro del Palazzo Ducale°°. Proprio in provincia di Modena, vicino Carpi, a Fossoli, fu in funzione uno dei maggiori campi di smistamento per deportati ebrei verso i campi di concentramento tedeschi. Grazie all’opera della Resistenza partigiana, Modena fu liberata qualche giorno prima dell’ingresso delle truppe alleate (22 aprile 1945), cosa che frutterà alla città la Medaglia d’Oro.
La Modena del secondo dopoguerra è una media (ma bellissima) città italiana, operosa e ricca – invero una delle più ricche d’Europa. Centro di notevoli industrie, è nota per prodotti di eccellenza, soprattutto meccanici (Ferrari, Maserati etc., vedasi ‘terra di motori’) ed alimentari (Aceto Balsamico, Parmigiano Reggiano etc., vedasi ‘cucina tipica’). È famosa altresì nel mondo per il belcanto di Mirella Freni e di Luciano Pavarotti. Nel 1997 il suo Duomo romanico, la torre Ghirlandina e Piazza Grande sono stati dichiarati Patrimonio dell’Umanità UNESCO.
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