Il Museo Lapidario del Duomo conserva preziosissimi reperti scultorei che testimoniano le vicende della Cattedrale nei lunghi secoli di vita.
Dopo aver superato il giardinetto delle canoniche, dove rimangono, addossate alla parete, resti dell’originario edificio prima dell’apertura di via Lanfranco, si giunge, tramite la porta di sinistra, ad una grande sala interamente occupata dai reperti.
Sulla destra, alcune lastre di marmo sono di reimpiego romano e risalgono prevalentemente al I sec. d.C. Sulla parete di fronte all’ingresso, invece, altre lastre marmoree provengono dalla chiesa che sorgeva al posto dell’attuale Duomo nel IX secolo: sono decorate con motivi floreali altomedievali. Al centro della sala, il grande altare di marmo bianco che ricoprì, dall’epoca romanica al XIX secolo, il sarcofago del Santo Patrono Geminiano, oggi visibile direttamente nella cripta della Cattedrale. Sulle altre pareti della sala, opere dei maestri Campionesi (Enrico, Ottavio e Anselmo, alla fabbrica dal 1244), nonché bassorilievi di epoca moderna.
La seconda sala è invece occupata da colonne tortili, da un capitello con magnifici uccelli, da una strabiliante protome umana, da un leone stiloforo proveniente dalla porta dei Principi e, soprattutto, dalla celeberrima serie delle originali metope. Furono così definite, nel 1948, quando vennero sostituite sul Duomo da copie (visibili sulle testate degli archi di diaframma all’esterno della navata centrale), da Francesco Arcangeli, che ne notò la bellezza da Grecia Arcaica. Sono una preziosissima testimonianza della rinascita artistica europea dell’XI secolo: quasi che nei secoli bui dell’alto medioevo si fosse disimparato a scolpire, dopo le vette raggiunte da greci e romani, qui a Modena si ricominciò, partendo di nuovo dall’arcaico. Molte di esse raffigurano esseri mostruosi, probabilmente attinti da quel Liber Monstruorum che circolava all’epoca circa gli animali che abitavano i confini della terra. Partendo da destra, si incontrano: la nota Potta di Modena, un uomo con i capelli lunghi sciolti, una sirena, un bellissimo ittiofago, un grande fanciullo, due teste virili affiancate, l’incredibile essere a tre braccia, gli ‘antipodi’, ossia due figure femminili in posizione contraria, una fanciulla e il drago Psillo.
Il Museo del Duomo venne allestito in occasione del Giubileo del 2000 e costituisce in parte quello che si potrebbe definire il Tesoro della Cattedrale. L’accesso è a destra del Museo Lapidario, al primo piano.
Nella prima sala: una Madonna di Francesco Vellani (XVIII secolo) in cornice d’argento; candelabri e crocifisso monumentali in argento del 1655, dipinti di Bernardino Cervi del 1620 circa raffiguranti le Apparizioni di Cristo.
Nella seconda sala: preziosismo altarolo portatile del 1106 in argento lavorato scolpito e dorato, pietra serpentino e piedi a zampa di leone; altrettanto notevole evangelistario in argento del XI-XII secolo; simboli vescovili dei Monsignori Giuseppe Amici e Bartolomeo Santo Quadri; statua in rame sbalzato di San Geminiano del 1376 del Paruoli proveniente dalla Porta Regia; dipinto del Patrono Geminiano di Bartolomeo Schedoni del 1606 (la più nota immagine del Santo); arredi sacri del primo Ottocento in argento; testo miniato con canti; paliotto del XVI secolo; quadro di Francesco Stringa con San Geminiano e la Madonna del 1685.
Nella terza e quarta sala: ricchissime vesti liturgiche del XVIII secolo; Cristo in avorio del Settecento; straordinarie due croci processionali del XIV secolo; servizio da messa donato alla Cattedrale da Pio IX nel 1865.
Nella quinta sala: due magnifici arazzi realizzati a Bruxelles nel 1560 circa raffiguranti il Diluvio Universale e il Giardino dell’Eden; San Giovanni in legno del XV secolo attribuito alla scuola di Donatello; ostensori e reliquari (della Croce, di Santa Maria Maddalena e altri).
Nella sesta sala: mostra permanente di alcuni dei preziosissimi codici custoditi nel vicino Archivio Capitolare. Le Leges Salicae sono del IX-X secolo, mentre la Relatio de innovatione ecclesiae Sancti Geminiani ac de transaltione eius beatissimi corporis (1106) è un racconto splendidamente illustrato che mostra le vicende della costruzione dell’odierna Cattedrale e che, per l’importanza e l’unicità europea della testimonianza che costituisce, è notissima e presente su tutti i libri di storia dell’arte.
Periodicamente sono poi esposti numerosi altri manoscritti, secondo mostre a frequente rotazione.
[Le immagini da 1 a 11 e 17 sono tratte dalla pagina Facebook su gentile concessione dei Musei]