Tra le più imponenti chiesi modenesi, San Bartolomeo fu costruita per i Gesuiti di Sant’Ignazio di Loyola per volontà del cardinale Alessandro d’Este negli anni 1607-14 su progetto di Giorgio Soldati.
La facciata monumentale venne ultimata solo nel 1727 grazie all’intervento dello scenografo Andrea Galluzzi. Le statue che la ornano raffigurano Stanislao Kostka e Luigi Gonzaga, canonizzati in quegli anni, San Bartolomeo e Cristo in Gloria.
L’interno fastoso, interamente realizzato nel XVII secolo, conserva opere notevoli. Sulla controfacciata cornici in stucco di Antonio Traeri e Martirio di San Bartolomeo di Girolamo Negri (1694). Un dischetto nero sul pavimento indica invece il punto da cui godere la migliore prospettiva dei grandiosi affreschi della volta, realizzati da Giuseppe Barbieri – allievo di Andrea Pozzo – e ritraenti un’Apoteosi dell’Immagine Divina, di Sant’Ignazio, San Francesco Xavier e San Bartolomeo. Sui pennacchi della cupola le virtù cardinali. Sopra all’altar maggiore la cupola è soltanto dipinta in un monocromo scuro, visto che non venne mai realizzata: proprio l’impianto pittorico, l’influsso del Pozzo e la finta cupola rendono la chiesa estremamente simile, in proporzioni ovviamente ridotte, a quella romana di Sant’Ignazio, con cui del resto condivideva l’ordine committente.
Lungo le navate laterali sono posti alcuni meravigliosi confessionali seicenteschi in legno scuro sormontati da conchiglie in stucco. Nei coretti inferiori, a destra e a sinistra, tele di Ludovico Lana con Storie dei Santi e in quelli superiori dipinti di Giuseppe Romani, risalenti tutti alla fine del XVII secolo.
Si segnalano poi alcune cappelle. Nella prima a sinistra, Morte di San Giuseppe di Giovanni Boulanger; nella seconda, originariamente posseduta dai Bentivoglio, Annunciazione di Jacopo Ligozzi e tele di Lorenzo Garbieri; nella terza, di minori dimensioni, riproduzione della grotta della Madonna di Lourdes. A sinistra del presbiterio, nella cappella di Sant’Ingazio, tele del romano Giacinto Brandi e di Giovanni Maria Viani.
L’altare maggiore conserva un monumentale ciborio in marmi pregiati e bronzo, a forma di tempietto e con colonne tortili della prima metà del Seicento. Alle pareti del presbiterio e del coro, quadri di Giuseppe Crespi, Sante Peranda, Lorenzo Garbieri e Antonio Pomarancio. Bellissimi anche i due giganteschi organi dorati sulle pareti del transetto. Sotto il presbiterio riposa il nobile cardinale romano Carlo Odescalchi, già vicario di Roma sotto Gregorio XVI (tra 1834 e ’37. È in corso il suo processo di beatificazione).
A destra del presbiterio, cappella di San Francesco Xavier, con tele dedicate di Francesco del Cairo e di Jacopo Consetti. Ritornando verso l’ingresso, lungo dunque la navata destra, le cappelle sono dedicate alla Madonna del Rosario, al Sacro Cuore, ai tre santini e ad Antonio da Padova.